Le statistiche ufficiali sulle cause di morte danno un’idea molto precisa di che cosa rappresentò per la Sardegna la pandemia di “Spagnola” nel 1918-19. È uno dei capitoli centrali del libro di Pier Giorgio Pinna “Virus & Censure. Il contagio mediatico”, appena pubblicato dalla casa editrice Mediando. Dal colera al Covid, dalla malaria alla febbre spagnola, tra virus e censure, nel libro di Pinna scorrono carrellate sulla Sardegna dall’Ottocento al Duemila. Sono zoom su mali della sanità, affari sporchi, veleni dei media. Riflettori su depistaggi e notizie false. Inquadrature su malaffare e corruzioni. I temi della tutela della salute e della lotta alle malattie vengono riproposti attraverso storie e personaggi, memorie esemplari. Tutti scelti per evidenziare i pericoli per la democrazia nelle emergenze sanitarie: insidie spesso dovute a vecchie e nuove disinformazioni.

La Spagnola. La Spagnola fu un disastro epocale. Considerando soltanto i morti in più del normale per influenza, polmonite e broncopolmonite, nel 1918 il numero delle vittime per quelle cause (che si può ragionevolmente stimare intorno a 12mila, senza calcolare la coda epidemica del 1919) si avvicinava a quello dei caduti in battaglia nei tre anni di guerra (13.602). In Italia il numero delle vittime si avvicinava a 600mila. Dopo la pandemia, la prima del XX secolo, l’influenza ritornò al suo andamento abituale per tutti gli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta, fino al 1957, quando irrompe l’Asiatica, seguita dalla Hong Kong nel 1968. I virus dell’influenza, isolati nel 1933, non erano più dei nemici sconosciuti. Dopo la Sars (2003) – causata però da un coronavirus, cugino di Sars-Cov-2 – il racconto della minaccia epidemica, vera o presunta, occupa uno spazio crescente sui media, ingenerando psicosi ed eccessi di allarmismo, nonché, talora, stigmatizzazione sociale e comportamenti discriminatori nei confronti di persone di determinate origini etniche, di gruppi o di chiunque sia percepito essere stato in contatto col virus, ad esempio i messicani per l’influenza A, dopo l’arrivo nel 2009 di un nuovo virus A/H1N1 proveniente da quel Paese. Una pandemia influenzale – chiamata anche influenza suina – di severità moderata, ma seguita con estrema attenzione dall’Organizzazione mondiale della sanità che ne aveva dichiarato lo stato di emergenza globale aumentando lo stato di allerta. Passato il pericolo, alla fine nell’agosto 2010, virologi ed esperti di sanità pubblica preconizzarono l’arrivo di una nuova pandemia, provocata da un virus nuovo e sconosciuto, capace di causare centinaia di migliaia di vittime.

Il nemico inatteso. Ma nonostante fosse un evento temuto e atteso da anni e l’armamentario di cui disponiamo rispetto al 1918 in termini di conoscenze medico-scientifiche, ausili terapeutici, mezzi, esperienze, l’arrivo dalla Cina di un virus del tutto nuovo, il Sars- Cov-2, ha sorpreso il mondo intero. Il Coronavirus ha contagiato, ai primi di gennaio del 2021, quasi 85,1 milioni di persone, uccidendone almeno 1.842.805. Un evento che segna uno spartiacque nella storia contemporanea. Le strategie adottate dal governo italiano nel fronteggiare l’avanzata del Covid rivelano sorprendenti somiglianze con quelle adottate nelle pandemie del passato, dal colera alla Spagnola. Quarantene, misure di contenimento, limitazioni di movimento hanno richiesto un cambiamento negli apparati di gestione e di controllo e nel rapporto tra autorità e società, oltre che un rafforzamento dei poteri dell’esecutivo, in un difficile equilibrio tra libertà individuale e tutela della salute.

Pandemia e news. La pandemia da Covid-19 – a cui Pinna dedica nel suo libro una speciale attenzione – segna una cesura anche per il ruolo svolto dall’informazione: l’emergenza, sollecitando fantasie apocalittiche, ha amplificato la naturale tendenza dei media a diffondere allarmismo: durante il lockdown le notizie angoscianti si sono susseguite con impressionante intensità. Il numero di morti e di contagiati, la gravità delle misure restrittive e le difficili condizioni di vita durante la quarantena rimbalzavano dalla prime pagine ai siti online, alla televisione, alla radio, ai social network. Alcuni titoli: “L’emergenza. Virus, il Nord nella paura”, “Esplode il contagio. Italia infetta”, “Avanza il virus, Nord in quarantena”, “Fermi tutti”. L’informazione ha quindi assunto un ruolo nell’andamento della pandemia, influenzando i comportamenti individuali. Il panico ha spinto molti cittadini a fare scorta di alimentari e beni di prima necessità, a fare incetta di mascherine e gel igienizzante, creando spesso assembramenti nei supermercati e nelle farmacie e favorendo così la diffusione del virus. Il 7 marzo 2020, poi, viene fatta trapelare la bozza del decreto del presidente del Consiglio che istituiva un’unica zona rossa per tutta la Lombardia, e di altre province tra Veneto, Emilia-Romagna, Marche, e, in misura minore, altre regioni. La notizia, apparsa dapprima sul sito di Corriere.it e poi su altri quotidiani online, ha spinto una massa di persone, timorose di restare “intrappolate” nelle zone soggette a restrizioni, a ritornare ai luoghi di origine, assaltando i treni e rendendo di fatto meno efficaci le misure di contenimento e favorendo il diffondersi del virus in altre parti d’Italia.

Il ruolo dei media. L’altro tema indagato nel libro è quello legato al ruolo dei media – cartacei, digitali, televisivi o radiofonici – nell’interpretazione dei dati. Spesso quelli raccolti da enti diversi non corrispondono; oppure vengono utilizzati metodi diversi per calcolare i malati, i contagiati, i morti. Inoltre i media forniscono solo i dati relativi ai morti o ai contagiati e non ai guariti. A volte vengono usati come sinonimi tassi di mortalità (cioè il numero di morti sul totale della popolazione) e tassi di letalità (il numero di morti sul numero di malati di una certa malattia entro un certo tempo). Inoltre, sul computo dei contagiati influisce il numero di tamponi. Dal 26 febbraio 2021, per esempio, non vengono più fatti tamponi agli asintomatici (che potrebbero comunque avere il virus): una cosa che “riduce” il numero di contagiati rispetto a quello reale, “aumentando” così il tasso di letalità, perché il numero di morti viene rapportato a un numero di malati che è però inferiore a quello reale. Un discorso a parte- emerso nella presentazione del libro alla Camera di Commercio – meritano le posizioni dei giornali locali in merito ai contrasti tra Stato e Regioni, tra governo e presidenti e tra questi e i sindaci a proposito delle misure sanitarie, dei ritardi, delle disfunzioni, delle inadempienze. Il ruolo che l’informazione ha svolto e sta svolgendo nella crisi Covid-19 ha impartito una grande lezione: la necessità di un’assunzione di responsabilità dell’informazione durante una crisi sanitaria come quella che stiamo vivendo, dato l’ impatto che le informazioni hanno sulla vita delle persone. Una lezione “nuova” che, insieme, a quelle che abbiamo imparato dal passato, in parte dimenticate – ma puntualmente richiamate dall’autore nel libro – dovrebbe aiutare a fronteggiare le emergenze future.

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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