Otto centimetri in più in appena due anni, un altro ancora e rischia il cartellino rosso: via dalla passerella per eccesso di altezza. Anche per questo Serigne Modou Diop, per tutti Modou, 18 anni, 1 metro e 93, studente all’Itc Chironi di Nuoro, tiene aperte tante porte: dispensando pillole di saggezza che non ti aspetti da un ragazzo della sua età, dice che «nella vita non si sa mai, bisogna avere sempre un piano B e possibilmente anche un piano C. Il segreto è non farsi trovare impreparati, in Senegal ragioniamo così».

Un giorno d’estate a San Teodoro, mentre Modou fa avanti e indietro sulla spiaggia carico di bracciali e collanine da vendere per guadagnare qualche soldo (piano B), un signore steso al sole inizia ad adocchiarlo con insistenza. Gli dice “sei bello, sei alto, perché non provi a entrare nel mondo della moda?”. Modou all’inizio sorride e tira dritto. Ma quello non demorde sino a quando riesce a catturare la sua attenzione. Si chiama Luca, ha la faccia sveglia e il fiuto sviluppato per riconoscere volti che “spaccano”, in passerella e sulle riviste. Modou lo ascolta e a poco a poco si convince. «Mi son detto: intanto che finisco la scuola (piano A ndr ) posso mettere da parte del denaro e poi vediamo che succede».

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Eccola la terza via di Modou, il piano C che a sorpresa si allarga: a settembre, quando sarebbe dovuto partire a Milano con Luca per incontrare le agenzie, era in Turchia da uno zio. Nessun problema, la soluzione è dietro l’angolo: «Ho detto a Maib, mio fratello: vai tu al posto mio, tanto siamo uguali, è lo stesso». È finita che li hanno presi entrambi, la loro bella faccia spicca nei cataloghi “volti nuovi” e ora i fratelli-modelli sfilano per le griffe più prestigiose della moda nazionale e internazionale.  

Modou arriva in Sardegna nel 2017, a 14 anni. Il fratello Maib, oggi 21enne, l’ha raggiunto due anni fa. La loro prima casa è a Guédiawaye, dipartimento di Dakar, la seconda la trovano a Nuoro, dove li aspettano i genitori Dama e Fatima: sono commercianti ambulanti, vivono in Italia da 15 anni, da 9 si sono trasferiti in Barbagia. In realtà per Modou è un ritorno: era già stato a Nuoro quando aveva 8 anni ma ha conservato solo un vago ricordo. La sua famiglia è bene integrata e anche Modou si ambienta senza particolari difficoltà. In Senegal andava a scuola ma non conosce una parola d’italiano e per questo nonostante l’età viene “retrocesso” in seconda media.

Modou inizia a guardarsi intorno, ha voglia di imparare e di fare amicizia. Gli piace lo sport, inizia con il calcio ma cambia in fretta: i suoi centimetri lo portano al basket e la palla a spicchi lo conquista. La sua terza casa diventa la società Ichnos ed è un affetto ricambiato: il direttore tecnico Tore Moro si commuove quando parla di lui e del fratello Maib.

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«All’inizio non beccavo mai il canestro, poi sono migliorato. Ho imparato a sfruttare bene la mia altezza. E nel frattempo ho imparato anche l’italiano. Ho fatto in fretta, mi dicono che sono “una spugna”: sento una parola una volta e me la ricordo, quando non capisco chiedo a mio padre». Il resto lo fa l’esperienza “sul campo”: «Da un paio d’anni, come finisce la scuola, vado a lavorare a San Teodoro – racconta Modou – voglio guadagnare qualcosa per non stare sempre a chiedere ai miei, giro in spiaggia e vendo bracciali e collane». A fine stagione ha un gruzzolo discreto in tasca e sfoggia un italiano da invidia per molti coetanei sardi.

L’estate scorsa al mare conosce Luca: «È un agente di moda, uno che scova nuovi volti in giro. Mi dice che sono bello e che dovrei fare dei casting. All’inizio non gli do retta anche perché mio padre mi dice di lasciar perdere, non si fida. Ma Luca insiste e la sera, quando mi alleno a basket nel campetto, mi convinco: che c’è di male a provare, a sfruttare la mia altezza non solo nello sport? Gli dico di si». Nel frattempo a Nuoro è arrivato anche Maib, il fratello maggiore di Modou: si assomigliano così tanto da sembrare gemelli «spesso la gente fa fatica a distinguerci – dice Modou – lui è qualche centimetro più basso ma nessuno se ne accorge».

Quando Luca lo chiama per andare a Milano a fare i provini, Modou non è in Italia: è andato in Turchia da uno zio che per lui è un secondo padre. Ma non c’è problema: «Chiamo Maib, gli chiedo di andare lui con Luca, io lo raggiungerò». E Maib, appena catapultato nella nuova realtà, non se lo fa ripetere. Va a Milano, fa casting su casting e centinaia di foto che finiscono sui cataloghi “new face”. Le agenzie lo vedono, apprezzano e lo chiamano: finisce con un contratto in esclusiva per una sfilata con Prada e molti altri contatti. Maib torna entusiasta, Modou lo segue a ruota. «Vado anche io a Milano durante le feste di Natale, faccio 2-3 casting al giorno, incontro tantissime persone, molti giovani come me. Provo decine e decine di vestiti che costano tanti soldi, mi regalano occhiali e profumi».

La prima chiamata arriva subito, anche Modou ha fatto colpo. A gennaio lui e Maib sono in passerella alla Milano Fashion week: Maib sfila per Diesel, Modou per Justin Gall, designer americano che con la linea “Desert storm” crea uno scenario da fine del mondo con abiti pensati e cuciti intorno al concetto di sopravvivenza in situazioni estreme. E ora? «Torneremo a fine mese, appena ci richiameranno le agenzie. Il bello di questo lavoro è che non siamo obbligati a stare lì ma possiamo viaggiare ogni volta. Mio fratello lavora “a gettone”, senza impegni fissi, io farò lo stesso – dice Modou –. Nel frattempo continuiamo a studiare, lui fa le scuole serali perché ancora non parla tanto bene l’italiano, io voglio diplomarmi e magari diventare un pilota o un ingegnere meccanico: al Chironi faccio l’indirizzo tecnologico, adoro gli aerei da sempre».

Con la moda, va bene sinché dura: «Ho raggiunto l’altezza massima, 1.93: se crescerò ancora rischio di non sfilare più perché le regole sono quelle. Mio fratello ha più possibilità perché è alto “solo” 1,89. In ogni caso io apro tante porte, perché in Senegal siamo abituati così: un piano di riserva deve esserci sempre, meglio se sono due. Così non si resta mai senza fare niente, me l’ha insegnato mio padre». Che non ha ancora superato l’iniziale diffidenza verso il mondo luccicante della moda: «È terrorizzato al pensiero che ci facciano fare una sfilata di intimo: siamo musulmani, non possiamo andare in passerella in mutande. E noi non lo faremo, abbiamo delle regole e continueremo a rispettarle».
 

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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