(ANSA) – SASSARI, 19 MAR – Al sesto giorno di disagi nei porti della Sardegna per la protesta degli autotrasportatori, ora a ribellarsi sono gli agricoltori, che si ritrovano con tonnellate di prodotti invenduti e destinati al macero. “Questa protesta non è più giusta come era all’origine. È diventata la sopraffazione di una minoranza che come agricoltori sardi non possiamo tollerare oltre”, spiega all’ANSA Francesco Terzitta, produttore agricolo di Valledoria, che parla a nome di un folto gruppo di agricoltori del nord Sardegna.

“Nella filiera del fresco si era giunti a un accordo coi prefetti sul fatto che non avesse senso, anche ai fini del successo della protesta, bloccare i movimenti delle derrate alimentari. Ancora oggi però una minoranza degli operatori del settore elude gli impegni assunti e nonostante gli interventi decisi ieri sera dal Governo”.

A Terzitta il blocco delle merci nei porti della Sardegna è costato circa 15mila euro, in solo quattro giorni. E oltre al danno economico c’è il danno di immagine e la perdita di affidabilità della clientela: “In questo momento a pagare, ingiustamente, ancora di più dei trasportatori, gli effetti di questa condotta siamo noi agricoltori. Non possiamo farci la guerra fra sardi”, continua.

“La sensazione è che ormai questa battaglia che doveva essere comune, sia diventata una guerra fra autotrasportatori e non più solo una questione di caro carburanti. Il caso emblematico e preoccupante è l’attacco alla ditta di Massimo Lilliu, oggetto di intimidazioni, ritorsioni e minacce per il solo fatto di aver deciso di esercitare il suo diritto di lavorare, nell’interesse anche della collettività. L’incendio ieri notte di un suo mezzo ad Assemini e l’ostacolo agli imbarchi di diversi altri suoi mezzi, ancora stamattina a Olbia, ne sono prova inconfutabile”.

(ANSA).

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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