MACOMER. Il pubblico ministero Andrea Chelo ricostruisce il momento in cui Polina Cherednik fu investita: «Le telecamere di videosorveglianza in via Nenni riprendono un suv scuro che sobbalza come se avesse investito un corpo. Si vedono le luci dei freni azionarsi e, pochi secondi dopo, le telecamere riprendono un giovane che corre verso il punto in cui è stata investita. Era Alex Salis che andava a riprendere la fidanzata e, come egli stesso dirà al processo, sentì il rumore di un corpo che sbatte. Fa in tempo a vedere la coda del suv, da cui spunta poi il corpo». Dieci minuti dopo Polina Cherednik smetterà di respirare.

È il momento più drammatico della requisitoria del pubblico ministero, che ha chiesto la condanna a tre anni per omicidio stradale di Antonio Michele La Robina, 61 anni di Macomer. Per l’accusa era alla guida dell’auto che investì la ragazza di 24 anni, attorno all’una del mattino del 16 marzo 2018. Proprio l’imputato prima che il pubblico ministero iniziasse a parlare, aveva appena usato l’ultimo scampolo di dibattimento per una dichiarazione spontanea. Poche parole: «Non l’ho investita io. Ero in macchina con mia moglie, ho visto un corpo disteso per strada e mi sono fermato, poi ho chiamato i soccorsi».

Sono due versioni che non coincidono e, infatti, accusa e difesa sono rimaste su posizioni contrastanti. Il pubblico ministero è partito dagli ultimi istanti in cui il fidanzato e Polina sono assieme in macchina – con loro c’è un amico –. Litigano perché Polina non avrebbe voluto chiudere lì la serata di divertimenti, forse esagerati, e così la ragazza scende o viene fatta scendere. Probabilmente si siede, all’altezza delle strisce pedonali, sul ciglio della strada, mentre i suoi amici parcheggiano l’auto qualche centinaio di metri più in là. È allora che passa il suv ripreso dalle telecamere e la investe.

La ricostruzione prosegue con la macchina si allontana per poi ricomparire subito da una strada laterale. L’imputato sostiene di essere passato solo in quel momento e solo una volta nel punto in cui si trova il corpo della ragazza, ma questa versione sarebbe smentita dalle telecamere che riprendono due volte la stessa auto sul luogo dell’incidente, dall’individuazione del veicolo che viene fatta dal fidanzato della ragazza e da una serie di segni che la macchina ha sulla carrozzeria e che sarebbero il frutto dell’impatto col corpo. C’è poi il fatto che le telecamere non riprendano altre auto passare in via Nenni in quegli istanti.

La difesa ha però fornisce alla giudice Serena Corrias una ricostruzione diversa, non prima di aver richiesto la nullità di alcuni atti di indagine: il primo è l’inutilizzabilità degli accertamenti medici sul corpo della ragazza, perché l’avviso non fu notificato all’indagato e ciò comporterebbe l’annullamento di quell’atto e della perizia che ne è scaturita. Discorso identico è stato fatto per la ricostruzione dell’orario delle riprese delle telecamere di videosorveglianza, a cui si è risaliti attraverso un accertamento tecnico.

Poi ci sono quelle che la difesa definisce lacune delle indagini ovvero il mancato controllo del passaggio di altre auto nelle fasi precedenti all’incidente, le modalità con cui viene fatto il riconoscimento di quella che sarebbe stata coinvolta nell’incidente e il fatto che la macchina del fidanzato non sia mai stata esaminata.

Nell’udienza del 14 giugno, le repliche delle controparti precederanno la sentenza.

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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