SASSARI. L’utilizzo del coltello da cucina con cui Daniele Ventriglia colpì al cuore e uccise Nico Della Morte la sera del 28 maggio del 2018 non può costituire l’aggravante del “mezzo insidioso” che aveva portato i giudici della corte d’assise d’appello di Sassari a condannare il 28enne sassarese a quindici anni di carcere per omicidio.

Lo ha stabilito la prima sezione della Corte di Cassazione che ha annullato la sentenza di secondo grado e rimandato a un nuovo giudizio davanti ai giudici della corte d’assise d’appello di Cagliari.

La suprema corte ha accolto le motivazioni del procuratore generale Franca Zacco a cui si è associato il difensore di Daniele Ventriglia, l’avvocato Marco Palmieri. Dopo quella dell’aver «agito profittando di circostanze di tempo e luogo» caduta in appello, quella «mezzo insidioso» è la seconda aggravante venuta meno dopo i processi di primo e secondo grado.

«Nel caso di specie – ha scritto il procuratore generale – l’impiego di un coltello da cucina non presenta di per sé un’intrinseca potenzialità ingannatoria». Ventriglia, detenuto nel carcere di Bancali dovrà dunque tornare in aula.

In primo grado il gup Michele Contini a ottobre del 2019 o aveva condannato a quindici anni sei mesi di carcere. Un anno dopo la corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Maria Teresa Lupinu (relatrice Plinia Azzena) aveva ridotto la pena di sei mesi e inflitto al 28enne quindici anni di reclusione. Ventriglia era stato fermato dalla polizia poche ore dopo l’omicidio del calciatore di 23 anni Nico Della Morte, a pochi passi dal campo sportivo di Ottava. Il 28enne – con un passato difficile e una figlia piccola – quella sera era uscito di casa con due coltelli da cucina nascosti dentro il giubbotto, forse proprio con l’intenzione di raggiungere il rivale al circolo della Polisportiva Ottava. L’aggressione mortale era avvenuta intorno all’una del mattino. Le forze dell’ordine gli avevano dato la caccia tutta la notte, poi la polizia lo aveva intercettato a bordo di un’auto di un conoscente mentre andava a costituirsi. Della Morte, fidanzato con la figlia del presidente della squadra dell’Ottava, si trovava nel circolo accanto al campo sportivo insieme ai compagni di squadra. Sul posto era arrivato anche Ventriglia, era nata una discussione: il calciatore aveva invitato il giovane ad andarsene e la lite era proseguita in mezzo alla strada. E qui, sotto la luce dei lampioni, si era consumato il delitto. Poi la fuga, durata però solo poche ore. Perché una pattuglia della polizia stradale – che era impegnata nelle ricerche con alcune volanti della questura – aveva incrociato una Fiat 600 con due giovani a bordo. L’auto non si era fermata, la pattuglia aveva costretto il conducente ad accostare e a quel punto il passeggero aveva dichiarato subito le generalità: «Sono Daniele Ventriglia». Entrambi erano stati accompagnati negli uffici della questura e gli investigatori della squadra mobile avevano cominciato un lungo interrogatorio che si era concluso con una dettagliata confessione. Ventriglia aveva fornito indicazioni per fare ritrovare il coltello ancora sporco di sangue, il giubbotto e il cellulare. Poi era stato accompagnato in carcere.

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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