SASSARI. Una sentenza che ha un doppio sapore amaro per l’imputato principale del processo, Antonello Peru: quello della condanna e quello della conseguente sospensione dalla carica di consigliere regionale. Ieri mattina nel palazzo di giustizia di Sassari il presidente del collegio, Mauro Pusceddu, ha letto il dispositivo della sentenza che – riqualificando il reato inizialmente contestato – ha condannato l’esponente di “Cambiamo” a 5 anni e sei mesi di reclusione per tentata concussione. Verdetto che ha fatto scattare le disposizioni della legge Severino: sospensione per 18 mesi dalla carica in Regione.

Al centro del processo i presunti abusi edilizi in una villa sul mare di Sorso di proprietà di Peru. Supposte irregolarità che all’epoca fecero scattare una segnalazione in Comune. Nell’ambito di questa vicenda il consigliere regionale avrebbe, per l’accusa, «costretto indebitamente» l’allora comandante della polizia locale di Sorso «a porsi a sua disposizione, pilotando in senso a lui favorevole la definizione del procedimento penale (quello per l’abuso edilizio ndc)». Il politico – aveva sottolineato nella requisitoria la pm Maria Paola Asara chiedendo una condanna finale a sette anni – «come venne a sapere di quella segnalazione chiamò il comandante che si mise a sua disposizione per fargli sapere chi era l’autore dell’esposto». Peru, in sostanza, avrebbe voluto «vendicarsi di chi aveva avuto l’ardire di fare quella segnalazione».

La decisione dei giudici (a latere di Pusceddu c’erano Giulia Tronci e Monia Adami) è arrivata al termine di un processo durato otto anni. Nel mirino della guardia di finanza di Sassari finì la controversa ristrutturazione della casa affacciata sul golfo dell’Asinara, in una zona di massima tutela paesaggistica. Stando alle ipotesi della Procura, l’opera sarebbe stata eseguita in violazione di leggi e regolamenti. Demolita e ricostruita, in sintesi, invece di essere ristrutturata come prevedeva il progetto iniziale. Ma fin dall’avvio dell’inchiesta, la difesa di Antonello Peru ha sempre sostenuto che i lavori fossero stati realizzati nello scrupoloso rispetto del progetto autorizzato. Ecco perché quella di ieri ha avuto l’effetto di una doccia ghiacciata per il politico di Sorso, che non era presente in aula: «Una sentenza profondamente ingiusta – ha commentato a caldo Luigi Esposito, uno dei difensori – e non conforme alle risultanze processuali».

E se da una parte c’erano sentimenti di delusione e amarezza, dall’altra c’erano lacrime di gioia e di liberazione. Erano quelle dei sei imputati che, in concorso con Peru per quella stessa vicenda, erano finiti a giudizio per abuso d’ufficio, falsità ideologica e materiale, favoreggiamento, rivelazione di segreti d’ufficio, abuso edilizio e violazione paesaggistica. Questi ultimi due reati (contestati al consigliere regionale, alla sua compagna Alessandra Piras, architetta, e ad Angelo Antonio Dedola, titolare dell’impresa che eseguì i lavori nella casa) sono stati dichiarati estinti per intervenuta prescrizione e per questo motivo il collegio ha disposto il dissequestro e la restituzione dell’immobile. Mentre per quanto riguarda gli altri capi di imputazione è stata pronunciata una sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto nei confronti dello stesso Peru (assistito da Esposito e Pietro Pittalis), della Piras (difesa dagli avvocati Mariano Mameli e Pasquale Ramazzotti), di Enrico Cabras (all’epoca comandante della polizia municipale, difeso da Loredana Martinez), Marco Del Rio e Maurizio Loriga (rispettivamente ingegnere responsabile del servizio vigilanza e dirigente dell’ufficio tecnico comunale, assistiti dall’avvocato Gabriele Satta), Marcello Cherchi (ingegnere strutturista, anche lui difeso da Satta) e Dedola (assistito da Sergio Milia).©RIPRODUZIONE RISERVATA

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