(ANSA) – ROMA, 18 APR – Sull’incrociatore russo Moskva, affondato giovedì scorso nelle acque del Mar Nero, sarebbero morti 40 marinai russi, e molti altri sarebbero rimasti feriti, in gran parte con gli arti mutilati. A raccontarlo alla Novaya Gazeta Europe, versione internazionale dello storico giornale indipendente russo per cui lavorava Anna Politovskaya, è la madre di un membro dell’equipaggio sopravvissuto, mentre dalle fonti ufficiali russe continua a non trapelare alcun dato sulle perdite. L’Ucraina sostiene di avere colpito la nave con dei missili, mentre secondo la Russia a causare il naufragio sarebbe stata un’ esplosione accidentale a bordo.
Il marinaio sopravvissuto avrebbe contattato la madre il 15 aprile, il giorno dopo l’affondamento dell’incrociatore raccontando che la nave sarebbe stata colpita da un missile ucraino lanciato da terra.
“Mi ha chiamato e piangeva per quello che ha visto – ha raccontato la donna alla Novaya Gazeta chiedendo di non diffondere dettagli che possano renderlo riconoscibile – Aveva paura. È chiaro che non tutti sono sopravvissuti. Hanno cercato di spegnere l’incendio da soli dopo che l’incrociatore è stato colpito da tre missili Neptune”.
Secondo la sua testimonianza sarebbero morte una quarantina di persone, altre sarebbero disperse e vi sarebbero molti feriti con gli arti mozzati per le esplosioni.
Nelle scorse ore anche Radio Liberty ha pubblicato delle testimonianze di familiari di marinai, la moglie di Ivan Vakhrushev, che sarebbe morto sulla nave, e il padre di Yegor Dmitrievich Shkrebets, dato per disperso, un coscritto che – lamenta il padre – studiava per diventare cuoco a Yalta e, dice, “non avrebbe dovuto trovarsi lì”. In un video pubblicato oggi dal ministero della Difesa russo, si vedono circa 100-150 marinai in fila davanti all’ammiraglio Evmenov, capo della marina russa in Crimea. “Non si sa quanti di loro facessero effettivamente parte dell’equipaggio della Moskva – osserva la Gazeta – che negli anni recenti viaggiava con 400-500 persone a bordo”. (ANSA).
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
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