SASSARI. Spesso il mondo del calcio non è un esempio di educazione e rispetto. Lo si nota sui campi anche ai massimi livelli: proteste continue, arbitri accerchiati anche quando fischiano nel modo giusto, dichiarazioni di tecnici e dirigenti fuori dalla realtà. In un mondo dove c’è ancora molto da lavorare per insegnare i più elementari canoni del rispetto, diventa una notizia non secondaria quella emersa qualche giorno fa quando lo Scandicci, dopo aver perso la partita di Coppa Italia a Sassari contro la Torres, ha lasciato gli spogliatoi pulitissimi. Un gesto che i dirigenti rossoblù hanno apprezzato, pubblicando i complimenti con relativa foto sui social.
Reazioni. Stefano Udassi, presidente della Torres, è anche un ex calciatore e ne ha viste di tutti i colori. «Il nostro intento era quello di esaltare il senso dell’educazione dei ragazzi dello Scandicci. Ci ha fatto piacere che dopo la partita, peraltro persa ai rigori, poteva prevalere il senso di rabbia, invece sono stati esemplari. Davvero complimenti a loro». Udassi ha giocato a vari livelli, dai dilettanti ai professionisti. «Non mi va di raccontare episodi nello specifico ma posso dire che mi è capitato di andare in spogliatoi non consoni, ma anche in stadi come Reggio Emilia, Trieste dove abbiamo trovato una grande organizzazione. Confesso che ho vissuto situazioni indecenti con spogliatoi fatiscenti, non puliti, non adeguati. Mettiamola così: preferisco ricordare gli esempi positivi, quelli negativi li ho dimenticati». Ma i giocatori della Torres come si comportano? «Su questo aspetto – conclude il presidente – i nostri ragazzi sono educati, virtuosi. Lasciano tutto a posto, sono rispettosi delle loro cose e di quelle degli altri».
Episodi. Nella serie A gli spogliatoi sono sempre perfetti. Le società hanno i magazzinieri che provvedono a tutto. Ma di recente, quando la nazionale italiana ha giocato a Palermo perdendo lo spareggio con la Macedonia, si è accesa la polemica perchè gli azzurri avrebbero lasciato lo stanzone in condizioni disastrose. Una vergogna denunciata dagli inservienti della società siciliana, che ha indotto Leonardo Bonucci, capitano dell’Italia, a chiedere scusa.
Racconti. Mario Fadda, attuale allenatore del Taloro in Eccellenza, ha giocato centinaia di partite. Ha girato la Sardegna e l’Italia. Ha vissuto in prima persona situazioni al limite del paradossale. «Ho visto gente entrare da porte secondarie tra primo e secondo tempo – ricorda –. Senza citare i luoghi, una volta abbiamo affrontato una squadra che si doveva salvare. Eravamo 1-1 alla fine del primo tempo. Si è aperta una porta della quale non ci eravamo accorti e sono usciti due energumeni con tra le mani dei pasticcini e tre bottiglie di spumante. Ci hanno detto che lì era festa e noi eravamo invitati… Risultato della gara 3-2 per loro. Era un chiaro avvertimento. Lo spogliatoio dire che faceva pietà è poco. Neanche l’acqua calda. A Gela in Coppa Italia ci siamo cambiati nei container».
Nel basket. Federico Pasquini, general manager della Dinamo Sassari, disegna un bel quadretto della palla a spicchi. «Nel nostro sport – spiega – a prescindere dalla categoria, il rispetto è una regola. In serie A gli spogliatoi sono sempre perfetti, confortevoli. All’estero ti mettono la frutta e qualche specialità del posto. Poi dipende dal risultato della partita. Se vinci le fasciature le sistemi nei cestini, se perdi o il finale della gara è rocambolesco, magari butti tutto all’aria per la rabbia. Ho anche assistito a porte divelte o pugni dati con tant violenza da sfondarle. Ma devo dire che sono casi sporadici». Si sono verificati anche episodi e uno di questi lo racconta così: «Un presidente di una squadra, meglio non fare il nome, una volta è entrato nello spogliatoio avversario, ha preso le chiavi e li ha chiusi dentro. Sto parlando di tanti anni fa».
Esempi positivi. Il Tempio di Antonello Ganau aveva stilato un regolamento interno legato alla pulizia nello spogliatoio. «Nello stanzone mettevamo a posto le cose, c’erano delle regole precise – racconta Antonio Borrotzu, un altro vecchio lupo dei prati verdi con centinaia di partite tra dilettanti e professionisti –. Eravamo in serie C, tenere in ordine era mettere in pratica l’educazione. La società vigilava. Al Sud l’accoglienza non era delle migliori. Il dispetto più frequente era non farti trovare l’acqua calda. Personalmente non ho mai buttato nulla per terra, ma questo me lo hanno insegnato sin da bambino i miei genitori».
Autocritica. Antonio Langella, attaccante ex Cagliari e Torres, non ha mai avuto peli sulla lingua. Anche in questa occasione parla chiaro. «Inutile negarlo – dice – noi calciatori gli spogliatoi li abbiamo sempre lasciati sporchi, tanto sapevamo che c’era chi puliva. Oggi sono dirigente del Porto Torres e ho visto situazioni al limite. Pareti smembrate, pittura cadente, panche sporche. Quella dello Scandicci per me è stata una bellissima eccezione».
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Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Archivio
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