ORISTANO. «Siamo partiti alla francescana, con quello che c’era a disposizione», dice Padre Cristiano Raspino, frate cappuccino parroco della chiesa della Beata Vergine Maria Immacolata in viale San Martino. E quel che c’era a disposizione era un ettaro di terra che ora diventa un parco urbano. Un tempo era un campo da calcio – ci giocavano bambini e ragazzi dell’Othoca –, poi divenne il ritrovo serale per più attempati calciatori che avevano ancora tanta voglia e meno gambe per sfidarsi e correre dietro a un pallone. Col passare degli anni, la terra battuta è passata di moda ed è stata soppiantata dal sintetico così, pian piano, quel rettangolo si è svuotato. «Bisognava riempirlo, mi dispiaceva non sfruttare tutto quello spazio che il convento ha a disposizione e già due anni fa avevo avuto l’idea di trasformarlo in un grande giardino, uno spazio che i parrocchiani e, perché no, tutta città potessero sfruttare. Poi è arrivato il covid e il progetto si è fermato. Non si è fermata la voglia di realizzarlo e ora ci siamo rimessi al lavoro», prosegue Padre Cristiano, mentre osserva quell’ettaro di terra da cui iniziano spuntare ulivi ed essenze mediterranee attorno al grande Tao, simbolo francescano e di pace per eccellenza.

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Alla Pace è dedicato il parco, «ma questo era un pensiero che avevo avuto ben prima che scoppiasse la guerra e oggi quel nome richiama tristi pensieri. Nelle intenzioni deve essere un luogo di ritrovo e tranquillità per la città», spiega il frate che ricorda come tutto è nato: «Quando arrivai in questa parrocchia, notavo che spesso piccole combriccole di ragazzini venivano a chiedere se potessero usare il campo per giocare o anche solo per girare in bicicletta. Ho capito che gli spazi per i giovani in città sono limitati e allora mi è venuta l’idea. Noi frati stiamo nove anni nello stesso posto, poi dobbiamo cambiare sede in cui prestare la nostra opera religiosa. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto lasciare un segno e, quando andrò via, potrò dire che almeno un albero in questa terra l’ho piantato».

In realtà di alberi ce ne sono molti di più di uno, sebbene il Parco della Pace sia stato inaugurato appena una settimana fa: una quarantina di ulivi – ne sarà aggiunta una trentina – ha già trovato dimora e con quelli ci sono altre piante come il mirto, i cipressi o altri arbusti ed essenze mediterranee che colorano di natura lo spiazzo. Indispensabile è stato l’aiuto della ditta di Milis Italo Vacca Giardini e la collaborazione con Forestas che ha regalato molte delle piante e con la Confartigianato che ha fatto svolgere nel parco il tirocinio agli allievi di un corso professionale per giardinaggio.

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Nel solco della tradizione francescana, facendo un salto indietro al medioevo e ai tanto famosi orti dei conventi, gli ulivi regaleranno dell’ottimo olio, appena saranno produttivi, «Ma tutto questo non si regge senza l’aiuto della comunità», conclude Padre Cristiano che di idee ne ha tante: «Serve la collaborazione dei parrocchiani e poi serve anche un sostegno economico. Chi vuole può adottare uno degli alberi e su un mattoncino in terra ci sarà la dedica per la persona a cui si vuole fare questa dedica. Speriamo anche di trovare il modo per procurarci dei giochi per i bambini, delle panchine e delle coperture per avere un po’ di ombra durante l’estate. Ora arriva anche la parte più difficile ed è quella dell’apertura del parco: servirà l’aiuto dei volontari, in modo che ci sia comunque un po’ di vigilanza, anche se ci sono già e telecamere di videosorveglianza. Studieremo il modo per gestirlo e farlo diventare un punto di riferimento per il quartiere e per la città».
 

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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