Sta diventando abitudine delle cantine sarde e galluresi, tornare dalla fiera del Vinitaly con medaglie d’oro e attestati di stima da palati nazionali ed esteri. Dopo l’ultima recente edizione, è Daniela Pinna a fare un punto della situazione sullo stato di salute della Gallura del buon bere. Titolare delle tenute Olbios e presidente del consorzio di tutela del Vermentino di Gallura Docg («unica Docg di Vermentino nel mondo»), mette sul tavolo riflessioni divenute mature per cantine che primeggiano sulla scena isolana e sono richieste oltremare. «Il nostro Vermentino non è solo il vino fresco che si accompagna al piatto vista mare» e poi «sì, siamo anche terra di rossi». Dopo VinitalyEra il momento del ritorno alle grandi esposizioni, la Sardegna ha partecipato con 71 etichette e tante aspettative. Il Vinitaly 2022 Daniela Pinna lo promuove con voti alti: «Un’organizzazione importante, che ha messo insieme vari profili con giornate tematiche. I compratori, gli importatori, i ristoratori, gli addetti ai lavori – racconta la sua esperienza -. Il biglietto era diverso dagli altri anni, la selezione sul pubblico era alta.

Per i vini sardi c’è stato l’interesse che già avevamo notato due anni fa, nell’ultima edizione prima della sospensione per covid. L’estero in particolare mi è sembrato esserne attratto, io ho parlato con persone dagli Stati Uniti, dal Giappone, dall’Australia. E poi, la Francia si è presentata nel padiglione della Sardegna: cosa insolita». Va bene, dal punto di vista estetico diciamo che lo stand isolano non avrebbe vinto il premio come più bello. Abbastanza rivedibile, anche se «su altri aspetti, la Regione sta dando molto al comparto».

Per esempio, da un po’ si chiedeva il ripristino del tavolo vitivinicolo, «e sono stata contenta di sentirlo dire anche dall’assessore regionale all’Agricoltura Murgia. Fare rete serve ancora e soprattutto ora che abbiamo un vero status». Il vermentino del nord-estIl Vermentino di Gallura è cresciuto, ha assunto la maturità tale da sentirsi una realtà forte e in ascesa. «Il disciplinare di produzione fino a poco fa ci consentiva la produzione solo in un determinato modo», spiega la presidente del consorzio di tutela. Ora invece è possibile proporre la vendemmia tardiva, lo spumante, il frizzante, il passito.

«Adesso abbiamo un materiale enologico che crea interesse». Sta cambiando anche la comunicazione del territorio, nei mesi scorsi una promozione unitaria («non dei nostri vini, della nostra zona») sulle riviste nazionali di settore è stata fatta con immagini di una Gallura senza le spiagge o i colori smeraldini di fronte. Non più il vino come contorno frivolo di tavole a tema mare, ma il vino come studio di sapori locali. Gallura color porpora Va cancellata dalla lavagna un’equazione a volte anche autoimposta: Gallura uguale solo vini bianchi. «Per dire, all’ultima riunione il punto all’ordine del giorno era legato ai nostri rossi. Ho richiesto l’adozione diffusa della denominazione Igt Colli del Limbara. Che bel nome, si attraversano tutte le zone, ci riguarda da vicino. Ne stiamo parlando – afferma Pinna -. La maggior parte dei consorziati usa l’Igt Isola dei nuraghi, ma già a partire dalla prossima vendemmia molte cambieranno». Gli argomenti sul rosso ci sono tutti: in Gallura esiste il Nebiolo – proveniente dal Nebbiolo piemontese -, il vitigno «autoctono rarissimo» del Caricagiola o quello del Muristellu, «varietà che i nostri anziani hanno sempre usato». Come per dire: non si sta inventando niente di inedito.

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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