OLBIA. Prima è toccato alle insegne, e la città pian piano si è svuotata di luci al neon e affissioni o le ha viste coprirsi di nero. Ora, proprio in vista dell’apertura della stagione estiva, Olbia rischia di vedersi spogliata delle sedie e dei tavolini. Addio agli aperitivi all’aria aperta: è naturalmente l’ipotesi estrema, ma fa già paura solo il pensiero.

Il suolo pubblico costa. Lo spauracchio del canone unico patrimoniale, dopo aver fatto infuriare a inizio anno gli imprenditori per i rincari sulle insegne, ora rischia come la nuvoletta di Fantozzi di spostarsi sulle teste di titolari di bar e ristoranti e di rimanerci a lungo. Sì, perché l’esenzione dal pagamento della tassa sulle occupazioni del suolo pubblico è decaduta lo scorso 31 marzo 2022 con la fine dello stato d’emergenza. Dopo due anni di tributo congelato, il conto ora sarà molto più salato viste le tariffe aggiornate. Il caos è ancora sedato, per ora pare che solo una minima parte abbia già adempito al pagamento dell’imposta negli uffici dell’Aspo, la municipalizzata ora incaricata della riscossione dei tributi. Chi si accingeva a farlo, però, ha trovato i conti lievitati. Si parla di cifre anche cinque volte maggiori rispetto a prima, in relazione alla rivalutazione delle tariffe e delle zone cittadine. Alle porte della stagione del bel sole e dei turisti, sugli attenti per gli avvisi di pagamento pronti a fioccare, sarà un inizio estate in salita per chi sta in cucina e dietro al bancone. I costi per chi lavora all’aperto saranno alti, questo è certo, anche se dall’amministrazione hanno assicurato che non si tratta di cifre insostenibili. Ma il rischio è che più di un esercente riduca gli spazi o addirittura rinunci ai dehors e agli spazi esterni con tavolini e sedie. Sarebbe l’ultima goccia che fa traboccare il vaso di un comparto già in difficoltà alle prese con la caccia al personale che con c’è.

Aumenti e dinieghi. «Ancora non è arrivata alcuna segnalazione di protesta», fa sapere la Confcommercio territoriale, che per ora segue l’evoluzione della vicenda a fari spenti. Il telefono non ha ancora squillato con la voce dei titolari inferociti dall’altra parte della cornetta, ma a breve le notifiche dall’amministrazione comunale faranno da campanello d’allarme. Anche perché, dati alla mano, il rincaro è sicuro. L’aumento del suolo pubblico raggiunge picchi da 180% in base alle nuove tariffe adottate, ma almeno fino a lunedì è difficile fare delle stime su quanto realmente pagano in più tutte le attività che usufruiscono delle aree pubbliche. «Lunedì saremo in giro tra i nostri esercenti per analizzare le cifre e capire la situazione – dice il direttore di Confcommercio, Nino Seu, ottimista –. Comunque, non dovrebbe trattarsi di cifre impossibili». Piuttosto, dice, alcuni esercenti sono preoccupati di non ottenere la concessione. È già arrivato il diniego per l’utilizzo del suolo su alcune aree concesse durante l’emergenza. Nelle prossime settimane su strade principali come in viale Aldo Moro si vedranno molti meno tavolini fuori dai bar.

Le proteste. A gennaio si era accesa la reazione di commercianti e imprenditori con la scoperta del vertiginoso aumento dell’imposta sulle insegne pubblicitarie. La cosa aveva scosso anche le associazioni di categoria. Per protesta, alcune attività avevano coperto con drappi neri le proprie affissioni, altre sono state costrette a ridimensionarle o toglierle del tutto. La seconda vittima del canone aggiornato, poi, è stato il gruppo di ambulanti dei mercati settimanali, che il mese scorso avevano ottenuto un tavolo di confronto con gli uffici comunali per rivedere le tabelle dei coefficienti sull’uso degli stalli nelle aree della città.

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