Coperta di Linus; ipocondria; semplice abitudine; sana prudenza basata sui tassi di infezione a livello locale. Non condivisione della “fretta” delle autorità sanitarie di staccare la spina alle restrizioni, prima tra tutte quella della mascherina, mentre ancora il virus circola tra noi. C’è di tutto un po’ alla base della scelta di continuare ad indossare la mascherina in strade, piazze, supermercati in cui sarebbe consentito farne a meno. La persistenza nel paesaggio urbano di quel dispositivo, indicato con l’acronimo DPI nei documenti ufficiali, è un fenomeno curioso e imprevisto – per il quale taluni scomodano anche spiegazioni psicologiche. In alcuni Paesi ha addirittura suggerito delle contromisure. A Grenoble, in Francia, i proprietari di un supermercato locale sono stati addirittura costretti ad esporre un cartello con un divieto di mascherina, uno strumento che più che a difendere da agenti patogeni nocivi, serviva a ladruncoli e taccheggiatori a sfuggire al riconoscimento.

Che molte persone continuino a restare fedeli al dispositivo (anche se non immunocompromesse o ad alto rischio di sviluppare sintomi gravi) possiamo constatarlo tutti, percorrendo strade e piazze anche qui in Sardegna . Lo documentano le immagini che arrivano dalle grandi città europee, da Roma, a Milano, a Madrid, a Monaco di Baviera, a Vienna: una percentuale non insignificante di persone continua ad inalberare la mascherina, diventata anche argomento di polemiche, derisioni, persino insulti sui social. Nonché di discussioni , in negozi, farmacie, uffici pubblici, supermercati, aziende private, dove è solo “raccomandata” – qui in Italia – dopo l’ultima ordinanza ministeriale che comprende il “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid negli ambienti di lavoro”.

Nell’Europa che dovrebbe essere “unita” nel cruciale ambito della sanità, i Paesi si sono mossi in ordine sparso: noi italiani e i greci dovremo indossare le mascherine negli spazi pubblici al chiuso fino a giugno (cinema, teatri, sale da concerto con FFP2); gli austriaci saranno tenuti all’uso delle mascherine nei supermercati (dove noi, invece, possiamo entrare senza); in Germania le mascherine saranno obbligatorie nei trasporti pubblici locali, inclusi taxi, scuolabus e servizi di trasporto. Nel Land Baden-Württemberg i supermercati potrebbero sostanzialmente imporre che le mascherine debbano essere indossate al momento della spesa. Il governo statale ha formulato raccomandazioni generali da mettere in pratica, sotto la propria responsabilità, negli spazi aperti al pubblico in cui è consigliato indossare una copertura per bocca e naso – efficace nel ridurre il rischio di contrarre il Covid – dove ci sono assembramenti o un gran numero di persone. Non manca neppure la raccomandazione di rispettare le regole generali del galateo quando si tossisce o si starnutisce.

Paese che vai, regolamento sanitario che trovi, insomma. Non credo che un accordo su norme coordinate (comprese quelle per garantire la possibilità di viaggiare in maniera libera e sicura) avrebbe scalfito la sovranità dei singoli Paesi membri dell’Unione. L’agognata transizione è finalmente arrivata, dopo due anni drammatici segnati da shock, ansia, stanchezza. Più volte spostata dall’emergere di nuove e sempre più contagiose varianti del virus e dal conseguente ripristino delle misure precauzionali, la pandemia è ora entrata in quella che la Commissione Ue ha definito «una nuova fase che ci impone di ripensare a come gestiamo il virus», senza dimenticare di richiamare il fatto che oltre 90 milioni di cittadini dell’UE non sono stati ancora vaccinati e il virus non ha lasciato il campo. Cerchiamo di tenerlo a mente: per la prima volta dall’inizio della pandemia, decidere se indossare una maschera, in molti luoghi, dipende, ormai, in gran parte da noi.

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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