SASSARI È bastato ampliare lo scavo di appena dieci metri quadrati per riportare alla luce altri due giganti di pietra. Le statue di arenaria scolpite più di 3mila anni fa si aggiungono al piccolo esercito scavato dal 1974 in poi, con lunghissime pause, nel colle di Mont’e Prama, a pochi metri dallo stagno di Cabras e non troppo lontano dalla spiaggia di Mari Ermi. Sinis, per intenderci, la cassaforte che custodisce uno dei segreti più affascinanti dell’archeologia moderna. Indicazioni precise. Era il 24 settembre del 2019 quando il professor Geatano Ranieri, ex docente di geofisica all’Università di Cagliari e padre del georadar, durante una conferena ospitata dalla Fondazione di Sardegna, a Sassari, aveva indicato con precisione millimetrica alcuni dei possibili reperti ancora nascosti dalla terra di Mont’e Prama. Ieri Ranieri ha confermato tutto, e non poteva essere altrimenti, aggiungendo qualche particolare: «Quella fila di tombe a pozzetto è lunga 137 metri e si conclude in quello che potrebbe sembrare un tempio, ma comunque un edificio di grandi dimensioni». Gli scavi sul campo hanno dato ragione alle indicazioni di Ranieri, al punto che per la prima volta da quando nel 2014 sono ripresi i lavori, una nota della Fondazione Mont’e Prama ha riconosciuto le indicazioni del professore: «La continuità della via funeria e delle tombe a lastrone nei terreni privati a mezzogiorno dell’area delle curia arcivescovile – si legge nel documento firmato dal presidente designato del consiglio scientifico, Alberto Moravetti – è stata sostenuta sin dal 2014 sulla base di un’anomalia a stretta fascia continua da parte del geofisico Gaetano Ranieri dell’Univesirà di Cagliari». «Finalmente – ha replicato ieri Ranieri –, d’altra parte tutto quello che ho fatto a Mont’e Prama è stato depositato ed è in possesso della Soprintendenza».

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Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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