SASSARI. La Sardegna l’ha rimessa in campo da vincente dopo un brutto infortunio e una doppia operazione, tanto da trionfare nel doppio a Miami. La Sardegna le ha cambiato la vita regalandole l’amore, il portotorrese Antonio Zucca che è divenuto suo allenatore. Due motivi sufficienti per sentire un po’ (molto) sua la campionessa tedesca di tennis 34enne Laura Siegemund. Che nell’isola trascorre parte del suo tempo quando non è impegnata nelle gare, dove è rientrata grazie alle cure dello staff Dinamo.

Vittorie a Lione e Miami: Laura è già tornata.
«Non mi aspettavo di vincere così velocemente, in particolare a Miami che è un torneo davvero importante. Ho dato tutto il possibile in fase di riabilitazione per tornare il più in fretta possibile a competere a questi livelli. Sono contenta, e poi vincere moltiplica le energie in previsione dei prossimi impegni».

È stata dura recuperare dai due infortuni?
«Non è mai facile recuperare. Ho avuto dei momenti difficili, ma stringendo i denti e mettendocela tutta nel seguire il percorso in maniera professionale ce l’ho fatta. Devo ammettere di aver avuto paura, perché il recupero non è mai scontato».

Ti descrivono come una dalla grande forza di volontà.
«È proprio così, voglio dare sempre il 100% e mi ritengo molto professionale, molto esigente con me stessa, molto attenta ai particolari, così come mi aspetto che lo siano tutti coloro che lavorano con me».

Si ricomincia dal doppio.
«È completamente diverso dal singolo, mi piace molto il fatto di avere una compagna con cui interagire. E mi permette di giocare molto a rete, cosa che adoro in maniera particolare. Inoltre mi piace molto la tattica che si può sviluppare, personalmente lavoro molto di intuito e mi riesce bene leggere il gioco».

Hai trovato una partner ideale nella russa Zvonareva, insieme avete fatto grandi cose, con 3 titoli Wta.
«Sì, ci completiamo molto a vicenda, con Vera siamo sempre in sintonia sulle tattiche da adottare e soprattutto molto scrupolose e attente a ogni dettaglio, è un po’ la nostra forza».

Avete parlato di quello che sta succedendo in Ucraina?
«Certo che ne abbiamo parlato. Vi assicuro che non è una situazione facile anche per gli atleti russi, che per questo stanno affrontando tanti problemi. Ma sono cose che lasciamo fuori dal campo e che lì restano».

Stai lavorando anche per tornare in alto nella classifica del singolare, dove sei stata la n.50 al mondo?
«Il doppio è utilissimo per tornare a competere a certi livelli e ritrovare il feeling col campo, ma l’obiettivo è quello e già un paio di settimane fa a Stoccarda ho battuto una top 30, la Zidansek, e vincevo con la numero 5 al mondo Sakkari che poi si è ritirata per infortunio. È la prova che se sto bene posso tornare in alto anche nel singolare».

Girare il mondo non è mai stato un problema.
«No, mi sono abituata da subito, da piccola ho vissuto anche in Arabia Saudita e Indonesia, Paesi in cui si era trasferito per motivi di lavoro mio padre, ingegnere».

Sei laureata in psicologia, quanto ti aiuta nello sport?
«Mi serve di più l’esperienza maturata sul campo che quella sui libri. Quella sì, tantissimo».

Un futuro da dottoressa?
«Sì, dopo la fine della carriera sportiva mi piacerebbe molto. È un campo che mi affascina, mi dà gioia, mi piacerebbe fare la psicologa nel mondo dello sport, sfruttando anche la grande esperienza che ho accumulato. Durante la pandemia ho anche cominciato a scrivere un libro, si intitola “Wild card” e uscirà il prossimo autunno, ho riportato la mia esperienza di giocatrice partendo da basi psicologiche, ma in maniera tale da farsi leggere anche da chi non fa sport».

Sono molti i laureati nel mondo del grande tennis?
«Ci sono sempre più giocatori che iniziano a studiare e laurearsi sfruttando le università online. Ma restano sempre una ristretta minoranza».

D’improvviso nella tua vita è entrata la Sardegna e non è stato un incontro di secondo piano.
«Faccio una vita quasi da “nomade”, sono spesso in viaggio, ma quando ho tempo vengo volentieri e mi piace starci. Conoscevo l’isola ma non ci ero mai stata prima di conoscere Antonio».

Pregi e difetti di questa terra?
«Adoro il mare, stare in spiaggia. E poi c’è una cosa che apprezzo molto: l’attaccamento alla famiglia da parte della gente. Quello che invece non mi piace è la difficoltà nei viaggi: quando decidi di passare un periodo in Sardegna c’è sempre una tratta in più, un viaggio in più per andare e per tornare. Peccato che non ci siano tanti giocatori di alto livello per allenarsi bene, altrimenti avrei pensato molto seriamente di venire a viverci».

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Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Archivio

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