CAGLIARI. Sei anni di reclusione per l’amministratore della Delcomar Franco Del Giudice (66 anni) e quattro per il figlio Enzo Giorgio (34) – difesi da Massimo Ledda e Marcello Vignolo – sono stati chiesti dal pubblico ministero Giangiacomo Pilia a conclusione del giudizio abbreviato in cui sono imputati per la presunta truffa ai danni dello Stato che l’8 marzo dell’anno scorso aveva portato al sequestro di due navi traghetto e a beni per 54 milioni riferibili alla società navale. Il magistrato ha chiesto la condanna anche per le società Delcomar e Delcoservizi – difese dagli avvocati Matteo Pinna, Stefano Demuro, Massimo Massa e Pierfranco Tirotto – nelle vesti di responsabili amministrative: per la prima la sanzione pecuniaria di 300 mila euro, per la seconda 200 mila . Il pm Pilia ha confermato le accuse contenute nel provvedimento di sequestro firmato a suo tempo dal gip Ermengarda Ferrarese: Franco Del Giudice deve rispondere di falso ideologico continuato in atto pubblico, falso commesso da privato e turbata libertà degli incanti, insieme al figlio Enzo Giorgio anche di frode in pubblica fornitura, concorso in truffa continuata e attentato alla sicurezza dei trasporti. Ieri mattina hanno parlato il rappresentante dell’accusa e gli avvocati Demuro, Massa e Vignolo. L’udienza è andata avanti fino al pomeriggio, poi il giudice Cristina Ornano l’ha aggiornata al 24 maggio, quando parleranno le altre difese e se il tempo a disposizione sarà sufficiente arriverà la sentenza.

I fondamenti dell’inchiesta giudiziaria condotta dalla Procura stanno tutte nel bando di gara indetto dall’assessorato regionale ai trasporti nel 2016, dove venivano stabiliti requisiti precisi e rigorosi per la partecipazione. Fra questi, la dotazione di ascensori, scivoli, servizi igienici, strumenti e personale che garantissero ai disabili la possibilità di viaggiare in sicurezza sulle cinque navi traghetto, più una di riserva, che la vincitrice della gara avrebbe messo in linea. Ed è qui che – secondo il pm Pilia e il gip Ferrarese – si collocano mancanze e reati conseguenti: nonostante i documenti di gara garantissero il contrario, non c’erano ascensori che conducessero dai garage ai ponti superiori e alle sale passeggeri. In caso d’incendio, eventuali disabili non avrebbero avuto scampo.

Ma l’elenco delle carenze individuate è lungo, la Guardia di Finanza l’ha ricostruito per ciascuna delle dieci navi della flotta Delcoservizi, da cui Delcomar affittava le unità con passaggi finanziari tutti in famiglia. I traghetti hanno navigato in queste condizioni, considerate illegali dalla Procura, per cinque anni e il gip osserva: «La totale assenza di controlli non solo nella fase di aggiudicazione ma anche in quella dell’esecuzione del contratto è veramente sconcertante, data l’importanza del servizio pubblico e l’impossibilità per le persone a mobilità ridotta di scegliere altri mezzi di trasporto navale pubblico». Come dire: gli impegni contrattuali venivano disattesi, la Regione – ente pagatore, contributi per 45 milioni in cinque anni – non s’accorgeva di nulla. La difesa ha sostenuto fra l’altro che le navi utilizzate da Delcomar per i collegamenti con le isole erano in possesso dei certificati di qualità e di sicurezza. In precedenza – hanno detto i legali – avevano navigato nelle stesse condizioni per conto della Regione, superando qualsiasi controllo.

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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