Ha conquistato il mondo dell’informazione globale, ha resistito alla tv e ai social, ha sempre avuto la capacità di reinventarsi e apparire sempre nuova. La radio italiana compie 100 anni e il giornalista – e prolifico autore – Gianni Garrucciu ne ha anticipato l’importante anniversario con “La radio, storie e curiosità. Per chi la fa e l’ascolta. Dalla valvola al web”, Santelli editore, 260 pagine ricche di informazioni e aneddoti con una ricca bibliografia e un altrettanto utile sitografia.

«L’idea dell’anticipo viene dal geniale Renzo Arbore che mi ha suggerito di sfuggire dal frastuono dell’anniversario» confessa Garrucciu che al genio (e re-inventore della radio) ha dedicato il libro “Renzo Arbore, vita, opere e (soprattutto) miracoli”. «Siamo amici, è stato il mio mentore quando sono sbarcato giovanissimo in Radio Rai. Ma tutto il mio percorso è cominciato da bambino nella trasmissione per studenti di Radio Sardegna “La trottola”. Poi una serie fortunatissima di incontri e crescita» rivela ancora il giornalista.

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Alla fine dei ’70 The Buggles cantavano “Video Killed the Radio Star”: “Il video ha ucciso la star della radio, sono arrivate le immagini e ti hanno spezzato il cuore”. «Profezia sbagliata – dice Garrucciu –. I dati di oggi ci dicono che 36 milioni di italiani ascoltano ogni giorno la radio, considerata il mezzo di comunicazione e di intrattenimento più seguito. Cioè un italiano su due, compresi neonati e sordi. Come ha detto qualcuno “la tv è coniuge, la radio amante”. Cioè la tv è più casalinga, la radio ha un ascolto più individuale, legato ai tempi personali di ognuno di noi». C’è poi un vantaggio tecnologico, la forza della semplicità. «Come ha sottolineato l’Onu – spiega Garrucciu –, la radio è un mezzo di comunicazione a basso costo, per questo ha la forza di raggiungere le persone fragili, le comunità più povere e quelle isolate, fornendo a tutti la possibilità di partecipazione indipendentemente dal livello di istruzione». Il mezzo più democratico, «Certamente sì. Anzi di più: è la piattaforma per la democrazia – sottolinea Gianni Garrucciu –. Il cardinale Tonini, grande comunicatore, ha cominciato dalla radio con una trasmissione notturna per i carcerati che ebbe ascolti record. Tonini ha citato il filosofo francese Jean Claude Guillebaud: “quale mezzo tra radio e tv aiuta di più a capire? La tv rapisce i sensi, la radio concentra sulla parola. Nella tv tutti i sensi sono accontentati. Lo spettatore si lascia andare: c’è una forza di distrazione. La radio no richiede attenzione. È qualcosa di più intimo, di molto più soave. La radio chiede il silenzio. Perché la si ascolta e la si capisce nel silenzio”. Non dimentichiamo che a dare la parola al pubblico è stata per prima la radio, che anche riempito di contenuti le trasmissioni create dagli utenti. Internet, a differenza di altri media, ne ha esaltato le caratteristiche, con smartphone e tablet, abbattendone i costi».

Ascoltare, mentre si guida o si prepara il pranzo, sdraiati in spiaggia o seduti sull’autobus. Riporta al centro la parola e la voce, in fondo gli strumenti primari della nostra comunicazione. «La voce è un’impronta digitale mi disse il grande Ameri. Eravamo all’aeroporto in attesa di partire per un servizio. Con noi c’era Alberto Michelini, volto noto del Tg. Naturalmente tutti si voltavano riconoscendolo – ricorda il giornalista–. Allora Ameri, con la sua voce riconoscibilissima, ordinò un caffè. Tutto il bar si girò verso di noi: “Ei! C’è Enrico Ameri!”. Ecco “l’effetto impronta digitale”. La voce è più vera, più sincera dell’immagine. È più complicato dire una cosa che appaia vera piuttosto che assumere un atteggiamento che appia sincero. Nel libro riporto le parole di un’altra grande voce, il giornalista Rino Icardi: “Alla radio si sente se sei onesto, se sei leale, se sei generoso, se sei un poeta. E quando parli, dici più di quanto le parole non possano significare. E allora ecco che la radio crea fedeltà: se sei sintonizzato su un canale, è difficile che ti sposti. Con la televisione fai zapping, guardi 50 canali e alla fine non capisci più niente. Alla radio sfiori due manopole: una per accendere, l’altra per spegnere. Certo, la televisione offre lustri e vetrine che la radio non può offrire. Però chi riesce in tv, senza dubbio è passato per la scuola della radio».

Insomma buon compleanno radio, e altri di questi cento anni. Il libro di Garrucciu verrà presentato il 26 maggio alle 10,30 nell’aula magna dell’università di Sassari.
 

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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