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La Pinacoteca Nazionale di Sassari ha inaugurato ieri la mostra “Tutti a bordo!”. Un altro tassello per ricostruire e raccontare l’arte di Edina Altara che si aggiunge alla recente inaugurazione di una sala della Pinacoteca di piazza Santa Caterina, interamente dedicata all’artista sassarese, che espone alcune sue opere tra cui due specchi della motonave Oceania in prestito dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Al centro dell’esposizione, aperta ieri e visitabile fino al 21 giugno, una ricca selezione di bozzetti originali, manifesti, brochure e menù di prima classe per i grandi transatlantici, realizzati dalla coppia – nell’arte e nella vita – Vittorio Accornero e Edina Altara tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta. Esposizione che dà conto del tragitto artistico di Edina, dall’incontro e dal matrimonio con l’illustratore Vittorio Accornero nel 1922 (si separeranno nel ’34) fino alle committenze del Dopoguerra per grandi nomi del design italiano come Gio Ponti. Sono le grandi navi, veri hotel di lusso viaggianti, al centro della produzione grafica della coppia che ne doveva descrivere il glamour esclusivo attraverso la minuziosa illustrazione di saloni e ristoranti, ponti all’aperto e giardini d’inverno. Federico Spano, pronipote dell’Altara e fondatore dell’Archivio Altara-Accornero, ha messo a disposizione la sua ricca collezione e ci spiega: «Dai documenti in nostro possesso risulta che Accornero si occupasse degli sfondi mentre Edina dei personaggi. Cinque anni prima della separazione, i coniugi Vittorio e Edina si imbarcarono sul “Conte Grande” per un viaggio verso New York e pochi anni dopo tornarono virtualmente a bordo di una grande nave, il Rex, per realizzare l’importante committenza». Navi simbolo del sogno di potenza (basta ricordare la straordinaria scena del passaggio del Rex nel film “Amarcord” di Fellini) di una società in larga parte contadina e arretrata che vuole il suo “posto al sole”, come professa il regime fascista, anche nella modernità.

«Edina lavora in un settore rappresentativo della modernità del XX secolo – conferma Maria Paola Dettori direttrice della Pinacoteca –, secolo dei motori e delle macchine come i grandi transatlantici: la pubblicità, realizzata attraverso le illustrazioni dei menù e delle brochure per la prima classe. Lei è una donna e un’artista moderna: la nostra Pinacoteca ha fortemente voluto i due grandi specchi per la motonave Oceania, e questa mostra continua il lavoro, iniziato mesi fa, di riscoperta e valorizzazione della sua produzione».

Il racconto illustrato di questa modernità galleggiante è svolto attraverso la descrizione minuziosa delle prospettive, e qui c’è tutto il virtuosismo di Accornero scenografo della Scala. Mondi irraggiungibili per la stragrande maggioranza dell’umanità, dove si stagliano le elegantissime figure di Edina. Abiti femminili attillati che cominciano a disegnare il corpo, anche questo anticipo di modernità e del New Look di Dior. Glamour maschile geometrico e lineare, ma pronto ad abbandonare le spalle imbottite della giacca da sera per indossare la novità della polo sportiva a mezza manica sul “ponte degli sport”. È il mondo magico descritto dal cinema dei “telefoni bianchi” del Ventennio, apparecchi – appunto – che esistono solo nei film. Un universo in stile déco che una ristrettissima élite internazionale può godere ma che alimenta, in tutto il mondo, i sogni degli spettatori dei cinema e dei lettori voraci dei rotocalchi. Guardando le eleganti brochure, se ne apprezza la tecnica raffinata di stampa, permessa probabilmente dalla bassa tiratura, i colori intensi delle campiture da pochoir e il nitore della ligne claire che definisce con meticolosità i contorni. Altrettanto emozionanti sono i bozzetti – più liberi dalla costrizione della riproduzione a mezzo stampa –, dove la matita percorre le forme con essenziale precisione, e ancora la parola è: “eleganza”, niente di più niente di meno di quello che serve, pochi tratti, due colori per gli studi dei costumi del Mediterraneo. Il nero intenso e l’ocra-giallo per il costume siciliano e il grigio e il lavanda per il miliziano greco, solo per citare due della serie in mostra.

Serie dedicata ai costumi tradizionali, quelli della civiltà contadina (ancora viva e vegeta nonostante in via di estinzione dopo la Grande Guerra), perché se la gente ordinaria guarda i ricchi al cinema, e sogna di sognare i loro sogni, i ricchi vogliono la storia pittoresca dei popoli per il loro tour turistico. Ma tutto deve passare attraverso il filtro déco di Edina e Vittorio, gli abiti fanno pensare a un defilé, dove prìncipi e industriali si vestono da greci o sardi per un ballo in maschera. Cosa che Edina e Vittorio hanno poi fatto davvero. I costumi e i paesaggi, le architetture e le vestigia antiche appartengono ai disegni che promuovono gli itinerari del turismo nascente, sempre elitario ma molto lontano dai grand tour dell’aristocrazia. Il viaggio non è esclusivo, non serve più un titolo nobiliare, ma solo molti soldi. Dopo tutto questo, uno sguardo alla matura libertà di Altara. La guerra è finita, le navi requisite dai vincitori per trasportare le truppe vengono restituite. Edina viene chiamata – insieme ai grandi – da Gio Ponti per arredare di nuovo il Conte Biancamano, il Conte Grande e l’Andrea Doria. Adesso il suo segno è libero. Addio alle geometrie déco, alle campiture di colore piatte. I suoi gesti parlano di avanguardia e di grande pittura, come negli specchi in esposizione e nelle riviste.

Trattandosi anche di menù, il viaggio proposto dalla Pinacoteca sassarese si è spinto con intelligenza e creatività (rompendo un po’ gli schemi paludati delle grandi raccolte) anche nei territori del gusto. Il giornalista e gastronomo Pasquale Porcu ha ripercorso la proposta dei ristoranti di bordo, scoprendo novità e invenzioni come testimonianze del la società dell’epoca. Complice il ristorante Liberty che, per un mese, proporrà un pranzo che ricalca i menù dei transatlantici.
 

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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