L’essenza sta nel cambio di prospettiva. Qui il racconto del Mediterraneo se parla di porti, ne racconta l’arrivo. Se parla di terre, punta a evidenziare che sono bagnate dallo stesso mare. È uscito nei giorni scorsi “Rade”, il nuovo album di Paolo Angeli che si muove nell’intero bacino mediterraneo, da oriente alla penisola iberica, con un suono omogeneo. «Se invece di far dialogare tra loro le terre emerse, la drammaturgia fosse tessuta dall’acqua, quanto saremmo più armonizzati come popoli». Il disco, uscito solo in copia fisica, dopo un anno fa seguito al precedente “Jar’a”. E ne condivide parte del modus operandi. «Per quel lavoro mi ritrovai con molto più materiale registrato rispetto a ciò che è stato inserito. Tra cui alcuni brani che oggi invece fanno parte di Rade – spiega il polistrumentista d’avanguardia originario di Palau –. Ma le ho ricomposte quasi del tutto, sono state stravolte. E anche per Rade è presente ulteriore materiale che vedrà luce più avanti».

Quando il viaggio è iniziato, dice Paolo Angeli, voleva ricreare un senso di luce accecante, «nasce a La Maddalena e matura a Valencia, dove ora vivo, due sponde diverse. Jar’a era uno sguardo introspettivo, Rade è opposto. È uscito fuori dall’esigenza di rivendicare il diritto alla musica del Mediterraneo».Esplorare il Mare Nostrum è un concept principale della discografia di Angeli, che stavolta si sviluppa compiutamente lungo un intero lavoro. Ma non c’è la presenza delle terre, c’è una navigazione continua che guarda semmai giusto alle sponde. È un album che «pensa all’avanguardia mediterranea in maniera libera». Come fare a mettere insieme materiali così eterogenei? «L’illuminazione l’ho avuta qui a Valencia, visitando il giardino botanico: un ambiente dove convivono il cactus del deserto e le piante della macchia». Disseminati nell’album ci sono versi cantati estrapolati dalla poesia sarda e gallurese di ‘700 e ‘800. Parole sardissime in contesti sonori che arrivano sino al Libano o che partono dagli alberi di arancio valenciani. «Sono un uomo di mare e un uomo del Mediterraneo, provengo da un’isola e sono cresciuto col mare davanti agli occhi, con Rade faccio un tributo a tutto questo», e lo fa già dalla copertina, una porta aperta sul blu («l’avevo vista anni fa, si trova a Caprera e non ricordavo più il sentiero, quanto ci tenevo a ritrovarla»).

La chitarra sarda preparata, lo strumento unico che Angeli si è costruito nel tempo e che nei concerti racconta in ogni sua componente, continua a stupire. Il disco sembra disseminato di suoni di contorno e naturali, di onde che scivolano sulla battigia, navi che salpano, rumore di passi. «Tutto ciò che si sente è suonato, non ci sono aggiunte. L’idea era proprio creare questi elementi sonori e farli ritornare lungo tutto il lavoro, per dare una sensazione di transizioni, di partenze e arrivi».

Registrato a Cagliari nello studio di Marti Jane Robertson, è uscito in cd accompagnato da una versione deluxe con un diario in formato libro d’artista ideato e stampato in serigrafia da Manuche. Arriveranno i vinili, e a giugno anche sulle consuete piattaforme. «Il digitale permette una diffusione planetaria, è l’aspetto positivo, ma di contro toglie la ritualità dell’ascolto iniziale». Angeli ne è sicuro: la musica nel futuro sarà sempre più frutto di incontri. Prendendo la parola letteralmente, nei prossimi mesi verrà pubblicato un album in collaborazione con Iosonouncane, frutto del tour di qualche anno fa insieme nei teatri. «Una sfida, abbiamo punti di convergenza e divergenza. Subito dopo la tournée, per dire, eravamo arrivati a due idee di disco diverse – commenta il musicista palaese –. Posso dire che è un lavoro bellissimo, restituisce una profonda intensità emotiva di due mondi che in maniera naturale si sono conosciuti e sono entrati in contatto percorrendo strade diversissime».

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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