CAGLIARI. Il Cagliari, un valore identitario forte, come altri cari a Beppe Dettori, 56 anni, cantante, chitarrista e voce dei Tazenda per sei anni, che della sardità fa una bandiera, un manifesto del suo lavoro, da portare sempre nel cuore e da esprimere attraverso il suo essere artista con la musica e le parole. Lui, stintinese di nascita, sassarese d’adozione, ha il cuore rossoblù Cagliari. «Colpa, anzi merito di mio padre – sottolinea lui con tanto orgoglio –. Lui era pazzo di Gigi Riva e del Cagliari dello scudetto. Mi parlava sempre delle meraviglie di questa squadra e così a 5/6 anni ho iniziato a tifare per i rossoblù e si sa, l’imprinting è decisivo: una volta scelta, la squadra del cuore non si può cambiare mai».

Ma questa stagione per la sua squadra è finita male e Beppe non riesce a capacitarsi, sopratutto dell’assurdo epilogo di un campionato vissuto sempre con poche gioie e molte amarezze. «La partita di Venezia? L’ultimo capitolo di una stagione terribile – racconta lui –. Ho visto in televisione la partita. E ho avuto dei brutti presentimenti per tutti i novanta minuti. Ho visto le inquadrature, i primi piani che rivelavano che negli occhi dei giocatori del Cagliari non c’era la furia, la grinta, il cuore per poter vincere e salvarsi. Cambiavo canale ogni tanto, quando la tensione aveva il sopravvento e perché la sofferenza era tanta. Ma poi, quasi subito, tornavo a guardare la partita, sperando che il risultato finalmente cambiasse a nostro favore e ci consentisse di restare in serie A. Una speranza che purtroppo si è rivelata vana. Sofferenza sino alla fine, poi il triplice fischio e addio sogni».

Le ragioni che hanno portato a questa incredibile retrocessione? «Beh, direi che ci sono stati diversi fattori – spiega Beppe Dettori –, a cominciare da alcuni errori del presidente Giulini e dall’allenatore. Evidentemente Walter Mazzarri non ha saputo entrare in sintonia con i giocatori. Non ha saputo formare una famiglia, un gruppo, quello che spesso risulta l’arma in più. Come ha saputo fare, per fare un esempio clamoroso di questa stagione, Pioli con il Milan: il segreto dello scudetto rossonero è stato principalmente l’aver saputo lavorare con grande sintonia verso l’obbiettivo tricolore».

E ora? Il futuro del Cagliari non sembra certo affatto semplice, la serie B è un torneo terribile, difficile che punisce chi non sa adattarsi. Oltretutto al via ci sono squadre blasonate e pronte a tutto per riprendersi un posto al sole. «Sicuramente occorrerà cambiare molto nella rosa – sottolinea l’ex Tazenda –, e salutare giocatori che hanno dato tanto alla squadra e che non finiremo mai di ringraziare, ma che hanno fatto il loro tempo. Penso a Leonardo Pavoletti, a Luca Ceppitelli e anche a Joao Pedro. E poi mettere nel gruppo un po’ di giocatori sardi, e altri di categoria, infine molti giovani per preparare il futuro che mi auguro ritorni a tingersi di rosa».

Detto questo Dettori, aggiunge: »«C’è qualcosa che occorrerà inserire nel motore della squadra, e che può fare la differenza – dice –. I giocatori si equivalgono e spesso quello che conta è tirar fuori la grinta, la voglia di vincere. Mi auguro che il Cagliari ritrovi l’animo del lottatore che non si arrende mai. Ecco, un po’ come erano i guerrieri Shardana, temuti perché capaci di combattere sino in fondo, con la cattiveria e la voglia incrollabile di vincere, perché l Cagliari ha un valore per noi sardi che vale al di là della semplice squadra di calcio».

«Lo spirito sardo ci deve sempre contraddistinguere, quella spinta alla rivalsa che fa parte del nostro Dna – conclude Beppe Dettori –. Spero che ritorni dopo quest’annata terribile che è stata sempre sotto un alone di negatività. Il Cagliari, come la Dinamo, come la musica di Tazenda, i nostri scrittori, la nostra cultura, la nostra storia hanno un valore profondo per noi sardi perché ci rappresentano. E dunque, tornando al Cagliari, il suo posto deve essere assolutamente in serie A».

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Archivio

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