SASSARI. Belle ma fragili, al punto che per molte di loro il futuro è in discussione. E il boom di assegnazioni di nuove concessioni balneari, l’isola è la regione che ha fatto segnare il maggior incremento percentuale negli ultimi dieci anni con un +162, ha riaperto il dibattito tra i sostenitori della spiaggia libera e i fans della comodità declinabile in lettini&ombrellone. Un dato diffuso nel giorno in cui, in alcune parti dell’isola, inizia la stagione turistica. Alla Pelosa, ad esempio, dal 1° giugno si entra solo con prenotazione e dopo aver pagato il biglietto. Altrove, invece, l’estate è lontana e le spiagge indossano ancora l’abito invernale. Uno dei problemi è proprio questo: i servizi da spiaggia sono spesso concentrati in determinate zone, quelle a maggior coefficiente turistico, mentre sono del tutto assenti in altre, comunque frequentatissime, dove l’unico servizio disponibile è spesso la borsa frigo preparata prima di uscire da casa. Per questo è complicato immaginare una guerra di posizione tra favorevoli e contrari. Ci sono però alcuni aspetti che gli ambientalisti chiarirebbero volentieri.

L’appello del Wwf. «Nessun conflitto, non è questo che vogliamo – spiega Carmelo Spada, delegato per la Sardegna di Wwf Italia –. Piuttosto chiediamo di usare con ragionevole intelligenza gli strumenti che abbiamo a disposizione». Le beghe sul distanziamento degli stabilimenti, sulla necessità di riservare aree di spiaggia libera, sul posizionamento dei servizi da spiaggia e su tutto quello che potrebbe o non potrebbe accadere nelle spiagge dovrebbero essere, da tempo, codificate in uno strumento urbanistico che, quando va bene, nella gran parte dei comuni dell’isola viene indicato “in itinere”: «Su questo aspetto ci teniamo a fare un appello alle amministrazioni comunali – continua Spada – perché per governare nel migliore modo, nella maniera più efficace ed efficiente il proprio litorale è necessario dotarsi di questo strumento». Secondo il referente del Wwf, il Pul dovrebbe rappresentare le fondamenta dello sviluppo delle aree costiere, anche dal punto di vista ambientale: «Uno dei passaggi nella stesura dei Pul è proprio il distanziamernto di almeno 50 metri tra uno stabilimento e l’altro – aggiunge Spada –, una cosa che, soprattutto nelle spiagge cittadine, non è scontata. È in queste situazioni che si verificano le convivenze più complicate».

Perchè gli ambientalisti non sono contro gli stabilimenti balneari a prescindere: «Infatti – conferma Spada –. Anzi, ci sono invece situazioni in cui in spiagge molto grandi i servizi garantiti da queste strutture sarebbero utili alla balneazione. Certo, sarebbe bello se si potessero distribuire in tutta l’isola perché lo sbilanciamento è evidente. Ovviamente non è possibile ma noi possiamo solo ricordare che, anche nelle zone a maggior densità di servizi, resta fondamentale anche il diritto dei cittadini di poter fruire liberamentre di questi beni, demaniali e inalienabili».

Sos spiagge. Spada non si esprime sulla tutela ambientale garantita dai concessionari ma rilancia sulle modalità di approccio alle spiagge: «Bisogna ripensarne l’utilizzo. Non sono solo luoghi in cui stendere l’asciugamano, ogni spiaggia è un ecosistema complesso di cui fanno parte anche le piante che spesso vengono trattate per trasformare l’arenile in un campo da calcio. Come fa parte dell’ecosistema la posidonia». La cura dell’ambiente, però, ha fatto notevoli passi in avanti anche nella gestione degli arenili: «È un ottimo segnale che si stiano facendo le spiagge a numero chiuso e che si vieti la plastica. Un altro principio è vietare il fumo, un mozzicone impiega anni per decomporsi. Ma ci sono anche altri esempi positivi e uno arriva dalla spiaggia di Maria Pia, ad Alghero, che è stata atterzzata con pannelli che spiegano l’importanza delle piante pionere – conclude Spada – ma il lavoro deve proseguire perché le spiagge devono essere tutelate in modo che ne usufruisca anche chi verrà dopo di noi».

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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