Il suo è uno dei volti più legati alla Mtv generation. Per anni ha accolto negli studi della storica emittente musicale le più grandi star mondiali del rock e del pop. Poi la sua carriera è decollata tra televisione e cinema, tra Zelig e Love bugs, Un medico in famiglia e Don Matteo, con una apparizione hollywoodiana anche nel pluripremiato “Somewhere” di Sofia Coppola. Ora Giorgia Surina debutta anche come scrittrice. “In due sarà più facile restare svegli”, Giunti editore, è il titolo del primo romanzo, che oggi alle 19 presenterà sul Lungomare di Golfo Aranci, all’interno del Figari film fest, dove l’attrice e ora scrittrice è in giuria.

Giorgia, come è maturata la sua svolta letteraria?

«Sono stata contattata da una agenzia letteraria. “Ti seguiamo da tempo sui social – mi hanno detto –. Hai mai pensato di scrivere un libro? Ti andrebbe di farlo?”. Io non volevo fare una autobiografia o qualcosa di legato a me. Volevo fare qualcosa che avesse una sua utilità al di là del romanzo in sé. Ho scritto i primi 5 capitoli, l’agenzia ne è rimasta molto colpita e mi ha detto che avrei dovuto continuare. Una volta finito, il manoscritto è stato proposto a diverse case editrici, diverse hanno mostrato interesse, si è fatta un’asta e se l’è aggiudicata Giunti».

“In due sarà più facile restare svegli”: perché questo titolo?

«Ne cercavo uno che non fosse banale e che non significasse una sola cosa. Nel libro si parla di maternità, amicizia. C’è un palleggio tra due valori fondamentali della società di oggi, la solitudine e la condivisione. Volevo un titolo che fosse un caleidoscopio di contenuti. E l’ho trovato nella strofa di una canzone di Niccolò Fabi, il primo concerto che sono andata a vedere lo scorso anno dopo tanto tempo. Sentendola cantare in una serata di settembre, questa frase mi è sembrata perfetta».

Le protagoniste del libro sono due donne, due amiche: cosa c’è di lei in questo romanzo?

«Le paure, i sogni, i desideri. Non ci sono episodi veri ma tante domande, tanti dubbi, tante questioni che mi pongo in quanto donna, in quanto quarantenne. Le protagoniste sono due amiche, due personaggi molto diversi tra loro, e questo fa capire quanto ognuno di noi abbia una sorta di bipolarità latente, o forse neanche latente».

Il tema è la maternità di una donna single, dopo i 40 anni: un argomento che in Italia è ancora tabù.

«È nato tutto da una boutade di una mia carissima amica: se a 40 anni non trovo un compagno un figlio me lo faccio da sola. E quando l’agenzia letteraria mi ha contattata mi è tornata in mente. Ho pensato: perché non affrontare bene quella tematica? Subito ho percepito che non era una frase egoistica, ma qualcosa che andava indagato con occhio critico, anche per affrontare un discorso che in Italia, appunto, è ancora tabù. Mi sono trovata tra le mani un tema molto prezioso, su cui nessuno si era ancora soffermato. Un mare sotterraneo che aspettava di essere attraversato e navigato. Ho conosciuto ragazze che sono ricorse alla procreazione medicalmente assistita, che hanno dovuto affrontare il disagio di prendere questa decisione, di andare all’estero, non avendo i cari al loro fianco. Ho capito che, pur non avendo una esperienza diretta, dovevo andare a fondo».

Ha più amiche o amici?

«Non li ho mai contati, non ho una compagnia numerosa. Pochi ma buoni».

Lei, Cattelan, Cabello, Bossari, Pezzi, Raznovich, Silvestrin, Maccarini, Kris e Kris: cosa è stata la generazione Mtv?

«Io l’ho vissuta come un sogno a occhi aperti. Una magia di quelle che scattano senza che te ne renda conto. Quegli anni sono stati un regalo. Un’epoca davvero indimenticabile, anche per il tipo di pubblico. Oggi una realtà come quella non avrebbe lo stesso successo, lo stesso sapore unico e speciale. Non c’erano i social, internet era agli albori: era tutto da scoprire. Magari oggi non tutto è scoperto, ma la percezione è quella».

L’incontro più emozionante in tanti anni di Trl?

«U2, George Michael, Anthony Hopkins. Erano nomi enormi: la mia prima intervista a 22 anni l’ho fatta e Eminem».

E il più deludente?

«Non lo dirò mai».

Tv, radio, musica, cinema, fiction, sit com, ora la narrativa: in quale ambito si sente più a suo agio?

«Non potrei scegliere, anche questo forse parte della mia multipolarità. Io non mi sento mai completa, arrivata. Ho sempre bisogno di scoprire qualcosa di nuovo, di diverso. La mia non è una questione di non sapere scegliere, ma di volere continuare a scegliere».

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

URL originale: Read More