Sassari Sei allenamenti alla settimana, lezioni private col maestro, clinic (si chiamano così gli stage) col campione spagnolo di turno, bandeja, vibora, chiquita, controparete… poi arriva l’ex tennista Nicola Pietrangeli e in cinque parole smonta tutto: «Il padel è lo sport delle pippe». Chissà in quanti si sono riconosciuti in questa definizione. Probabilmente almeno il 90% dei malati di padel, felicemente consapevoli del rango di “pippa”. Però orgogliosamente pippa.

Insomma, non è una novità, c’è sempre un po’ di spocchia e body shaming nei puristi dello sport: i pallavolisti con i colleghi del beach, i calciatori con il calcetto, e ora i tennisti con questi cugini di serie b. Ma Pietrangeli, nella sua intervista all’Estate in diretta su Rai1 corregge subito il tiro. «Naturalmente la mia è una battuta – precisa – Il padel permette a tutti di divertirsi. Anche gli scarsi si divertono. Uno che gioca male a padel si diverte senza dubbio di più di un tennista scarso, che la palla non la tocca mai e quindi alla fine si annoia». E ancora: «Qui le distanze sono più brevi e tutto è più facile: magari uno pensa di tirare delle gran bombe, ma poi alla fine, gira gira e quei tiri non sono affatto delle bombe». Ma soprattutto, si è dimenticato un aspetto fondamentale per le pippe: là dove non ci sono le gambe e i riflessi per arrivare su una pallina, dentro la gabbia a vetri accade un piccolo miracolo: è la pallina a ritornare da te. E per un punto già fatto nel tennis, nel padel si ricomincia da capo.

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Quello di Pietrangeli, in maniera molto colorita, non è altro che un complimento allo sport del momento. Il riconoscergli la democratica capacità di spalmare il divertimento su tutti i livelli di gioco, dalla pippa alle prime armi, a quella semi pro. Superando quindi il peccato originale del tennis, quello di un bagaglio tecnico indispensabile per divertirsi: i principianti iniziano a collezionare quattro scambi consecutivi solo dopo un anno di allenamenti. La Federazione Tennis ha colto subito l’enorme potenziale del padel, la sua diffusione e infatti ci sta puntando.

Sport o non sport, il problema nemmeno si pone. È un’attività che piace, in crescita esponenziale, che ha messo solide radici a livello nazionale e che non ha l’aria di essere una moda passeggera: «Se il trend si mantiene così – dice Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis – abbiamo calcolato che il padel in tre anni raggiungerà le dimensioni del tennis. In Spagna, dove esiste da oltre trent’anni, ormai il padel ha superato i tesserati del tennis. E da noi sta accadendo la stessa cosa». Vediamo qualche dato che riguarda la Sardegna: nel 2020 i tesserati tra agonisti e non, erano appena 387. Nel 2022 sono diventati 1476. Ma rispetto ai praticanti è un numero assolutamente sottodimensionato. I circoli invece sono passati da 32 nel 2020 a 82, mentre i campi da 64 sono saliti a 230. I numeri mostrano il dilagare del padel. E i motivi sono semplicissimi: «Si impara e ci si diverte da subito – dice Binaghi – è un gioco che piace moltissimo alle donne, è facile da apprendere e non richiede chissà quali fondamentali. Quindi è uno sport estremamente aggregante, crea socializzazione, e coinvolge tutti all’interno di una famiglia. A giocare a tennis era quasi sempre il papà, e alla partita andava puntualmente da solo. Ora ai tornei di padel partecipa anche la moglie, e magari anche il figlio. È uno sport che si autopromuove, perché i campi si vedono nelle strade, sono integrati nella città. Infine è un ottimo business, perché richiede una superficie ridotta rispetto a tennis e calcetto, e il ritorno dell’investimento è superiore». Resta però il grande dubbio: i big del Padel, come Pachito Navarro, sono anche loro pippe? I fans del padel sostengono che se i campioni del tennis, come Nadal o Djockovic si convertissero al padel non arriverebbero comunque a quei livelli, perché gli spagnoli hanno 30 anni di vantaggio. «Per me è una cazzata – dice Binaghi – Navarro, rispetto a Nadal, ha il fisico di un ragioniere. Aspettiamo che comincino a girare i soldi veri sul padel, e poi ne riparliamo. Certi atleti, certi talenti, qualunque racchetta gli metti in mano, saranno comunque di un altro pianeta».
 

Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage

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